
Il pasticciaccio brutto della Centrale del latte continua a non avere la parola “fine” nella sua storia. Anzi, ancora oggi si aspetta l’ennesimo pronunciamento del Consiglio di Stato sulla svendita della Centrale alla Cirio di Cragnotti. Il responsabile di tutto questo? Ovviamente il candidato della sinistra prodiana al Campidoglio, Rutelli, all’epoca sindaco di Roma. Negli anni le sue reazioni alle storiche battaglie portate avanti da Alleanza nazionale e alle denunce fatte sui mass media sono sempre state rabbiose. Bastava parlarne per essere a rischio querela. Ma facciamo qualche passo indietro. La Centrale del latte è stata privatizzata alla fine degli anni ’90 dalla coppia Rutelli-Lanzillotta (allora assessore per le politiche economiche e finanziarie del Campidoglio). Nonostante un referendum cittadino perso per pochi voti, il Comune ha bandito una gara d’appalto per la privatizzazione dell’azienda romana. “Nell’estate del ’97 una Lanzillotta trionfante annuncia la conclusione della trattativa privata sulla dismissione della Centrale del latte – si legge sul libro “Rutelli, il sindaco della Restaurazione” di Tony Augello, all’epoca capogruppo di An – L’azienda, stimata del ’92 dal professor Chiacchierini dell’Università di Roma per un valore di circa 180 miliardi viene svenduta, a poco più di metà di quel prezzo, alla Cirio di Sergio Cragnotti”. Lo schema di contratto prevedeva tra gli impegni dell’offerente quello di non cedere a terzi le azioni acquistate per un periodo non inferiore a cinque anni, pena la risoluzione automatica del contratto di compravendita ed il pagamento di una pesante sanzione (pari al prezzo di acquisto della quota stessa). Al contrario, dopo pochi mesi, la Cirio Spa cedeva la quota di maggioranza appena acquisita alla Eurolat Spa (società controllata da Parmalat) per 183 miliardi di vecchie lire: più del doppio di quanto lo stesso gruppo aveva versato poco prima nelle casse comunali. Bisogna anche ricordare che il prezzo concordato da Cragnotti col Comune di Roma aveva incluso il costo di 440 dipendenti, la metà dei quali venne tuttavia assunta in base ad un accordo sindacale dallo stesso Ente locale capitolino.

Fin dal 1996 furono presentate dall’europarlamentare del Pdl, Roberta Angelilli, una serie di interrogazioni alla Commissione europea per denunciare le presunte irregolarità della procedura di privatizzazione della Centrale del latte di Roma. In particolare, furono espresse perplessità circa la legittimità della procedura di risanamento del debito della suddetta società attraverso aiuti di Stato e circa le modalità delle successive vendite alla Cirio e al gruppo Parmalat. Queste perplessità sono state confermate in una decisione del 2000 in cui la Commissione ha imposto alle Autorità italiane il recupero delle somme indebitamente concesse dal Comune di Roma all’Azienda comunale Centrale del latte per aver ripianato le perdite di esercizio tra il 1993 e il 1996, per un importo pari a 96,6 miliardi delle vecchie lire. Oltre alle battaglie politiche, nel 2000 la Latte Sano Spa, altro gruppo partecipante alla gara ritenutosi vittima di “manifesta ingiustizia”, impugna il passaggio della Centrale nelle mani dei privati, scoperchiando il pentolone. Il problema è ovviamente la cessione della Centrale a terzi prima del termine di cinque anni, lo svolgimento non regolare della procedura di privatizzazione in violazione dei principi di correttezza e trasparenza amministrativa, nonché per mancata persecuzione di pubblico interesse. Nel 2006, il Tar del Lazio si è pronunciato annullando il passaggio e rendendo nulla la vendita della Centrale. A quel punto il Comune di Roma ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, che nel dicembre dello stesso anno, ha rimandato la decisione al Tar per un vizio di forma. Colpisce che il Campidoglio abbia voluto continuare a difendere una svendita indecorosa e una storia impresentabile. Così, nel giugno del 2007, il Tribunale regionale ha annullato nuovamente la vendita e per l’ennesima volta la decisione è stata rimandata al Consiglio di Stato. Ora si aspetta la decisione per novembre 2008. Voci attendibili raccontano che questa volta, non essendoci più vizi procedurali, la sentenza verrà confermata. E a quel punto? Eurolat-Parmalat dovrebbe ridare 80 miliardi di penale visto che la Centrale è stata acquistata da Cirio prima dei cinque anni fissati. E l’azienda tornerebbe in mano al Campidoglio. Così si concluderebbe una storiaccia iniziata nel 96, ma chi si prenderà la responsabilità politica di una svendita immotivata? Rutelli potrà ancora far finta di nulla?